domenica 17 agosto 2025

TRAM MRS 2P.1 A ROMA

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Nelle immagini virtuali motrice monocassa bipiano unidirezionale a carrelli Carminati&Toselli/CGE MRS 2P.1 (Moto Rimorchiata Saglio) del 1936 (13 m lunghezza, 4,50 m altezza, 1 cassa, 4 assi, 100 pax), sulla linea 7 barrato (Porta Pia <> Corso Sempione).

A seguire medesima vettura ricostruita come monopiano nel 1943, rinumerata 2265, sia in livrea "verde Roma 71", che in livrea "arancio ministeriale", negli ultimi anni di esercizio.


La vettura ha fatto servizio esclusivamente sulla linea 7 barrato dal novembre 1936 al maggio 1937 (data della definitiva chiusura della rete di Monte Sacro e delle linee di via Nomentana), ossia per soli 6 mesi su un itinerario lungo poco più di 5 km.

E' stata successivamente parcheggiata nelle officine centrali, dove è rimasta inattiva fino al 1943, quando si decise di portarla allo stato di vettura monopiano.

Per la verità si è sempre trattato di una vettura monopiano e non bipiano, tant'è che veniva definita tram " a 2 ordini di posti".


Era infatti una motrice meccanicamente eguale alle MRS di 3° serie (che già dal 1933 circolavano sulla rete romana) ma che come carrozzeria si ispirava ai cosiddetti "autoalveari", che avevano un singolare modo di contenere i passeggeri in unico ambiente più alto del normale.

In questo tipo di configurazione (di derivazione tipicamente americana) i passeggeri erano disposti non solo in sedili più o meno usuali in basso (ove dovevano tenere i piedi in una specie di buca sottostante il sedile), ma anche su sedili praticamente appollaiati sulle pareti, in alto (raggiungibili mediante delle scalette opportunamente disposte).

L'esercizio si rivelò tutt'altro che semplice a causa della sua altezza (4,50 m) per cui le era vietato il transito in moltissimi punti della rete.

Nella ricostruzione del 1943 la cabina di guida risultò troppo stretta per cui verso il 1965 fu nuovamente ritirata dall'esercizio e parcheggiata per la seconda volta all'interno delle officine centrali.

Una nuova ricostruzione più razionale le consentì di tornare in esercizio nel 1977 e di terminare la propria carriera nel 1996.







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MOTRICI IMPERIALI AI CASTELLI ROMANI

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Nelle immagini virtuali motrice monocassa bipiano unidirezionale a carrelli Diatto/E.F. Böker/Thomson-Houston "Imperiale" (11,8 metri, 1 cassa, 4 assi) del 1906 (gruppo di 8 motrici + 4 rimorchi numerati 10-21) sulla Tramvia dei Castelli in prossimità di un ingresso delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, in piazza San Giovanni a Roma, presso il Bivio per Frascati, presso il bivio per Valle Oscura, nell'attraversamento di Genzano ed in prossimità del Ponte di Ariccia.


La denominazione "Imperiali", derivava dal fatto che le vetture erano dotate di posti anche sull'"imperiale", che è la copertura di un qualsiasi mezzo di trasporto pubblico.

Le vetture STFER (che gestiva la rete dei Castelli) sono stati gli unici tram a "2 piani" italiani, visto che il prototipo di ATAG, denominato 2P.1, di fatto era un tram a "2 ordini di posti".










Caratteristica peculiare delle vetture (perlomeno inizialmente) era il sistema di comando indiretto, che avrebbe permesso la formazione di lunghi treni composti da motrici e rimorchi, questi ultimi essendo dotati dei cavi di comando passanti con relativi accoppiatori di estremità.

Il comando multiplo di fatto apparve subito fonte di inconvenienti (anche gravi) e non sembra sia stato mai praticamente utilizzato.

Inoltre i rimorchi a 2 piani mal si conciliavano con l'andamento della rete molto tormentato, caratterizzato non solo da curve strette ma anche da forti pendenze.

Infine l'assenza dei motori e di altre apparecchiature nel sottocassa dei rimorchi spostava il baricentro del rotabile verso l'alto, con una pericolosa tendenza al ribaltamento quando era pieno carico sull'imperiale.

I convogli multipli erano stati pensati per soddisfare una ipotetica domanda di traffico generato da vacanzieri romani che avrebbero utilizzato questo nuovo mezzo di trasporto per le loro gite "fuori porta" nei giorni festivi.

Di fatto la domanda di mobilità si rivelò ben presto quella speculare che vedeva durante i giorni lavorativi cittadini dei Castelli che si trasferivano a Roma sia per motivi di lavoro che di studio.

Inizialmente il materiale rotabile consisteva in motrici a 2 piani a 4 motori e di rimorchi analoghi, anzi con cassa e carrelli identici a quelli delle motrici, con l’evidente fine di rendere semplice la trasformazione dei rimorchi in motrici.

Questa possibilità sarà poi effettivamente utilizzata a seguito di un grave incidente avvenuto a Frascati il 15 luglio 1906 (nei primi mesi di esercizio), dopo il quale l'utilizzo dei rimorchi ad imperiale fu vietato dalle autorità.

Dopo un breve periodo di esercizio in composizione a singola motrice i rimorchi furono ritirati dal servizio e trasformati anch'essi in motrici, cosicché già dal 1910 il gruppo era formato da 12 vetture a 2 piani tutte motrici.

Le imperiali sono state ottime vetture e si sono rivelate oltremodo longeve rimanendo in servizio almeno 3 unità fino al 1956.





venerdì 15 agosto 2025

ALL ELECTRIC PCC A ROMA

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Nelle immagini virtuali tram monocassa unidirezionale a carrelli OM/Breda "All Electric PCC" (14 metri, 4,5 metri altezza, 1 cassa, 4 assi, 100 pax) del 1957 (gruppo di 22 unità numerate 8001-8043, solo dispari) sulla linea 14, nel nodo tramviario di Porta Maggiore, nella primavera del 1983.

Il nodo di Porta Maggiore in quel periodo era caratterizzato da un singolare semaforo tramviario (inizialmente ad azionamento manuale) che regolava l'incrocio fra la rete urbana (a 600 VDC e scartamento 1445 mm) e quella delle ex ferrovie "Vicinali" (1650 VDC e scartamento 950 mm).


Le vetture furono costruite solo in 20 unità dalla OM di Milano, anche se inizialmente si prevedeva di costruirne in numero maggiore (tant'è che gli fu riservato un arco di numerazione da 1000 unità), ma la decisione fu rivista in seguito alla riduzione delle dimensioni della rete romana, iniziata con le Olimpiadi del 1960.

Le vetture furono soprannominate "All Electric" per l'assenza di impianto pneumatico, ossia privo di comandi e freni pneumatici, caratteristica che destò qualche perplessità nel personale di condotta a causa della presenza del freno elettrico, che agiva con un lieve ritardo rispetto all'azionamento della manovella.

Per la verità le vetture disponevano di un falso rubinetto che comandava il sistema di frenatura reostatica a 3 gradi di decelerazione, entrando poi in azione il freno elettromeccanico e l'azionamento dei pattini elettromagnetici.

Furono anche soprannominate "PCC", per la somiglianza con le note vetture progettate negli Stati Uniti negli anni '30 del '900 a seguito delle specifiche emesse da un comitato composto dai presidenti delle principali aziende americane di trasporto pubblico (il President's Conference Committee, da cui l'acronimo PCC).

La somiglianza era però solo parziale perché le vetture americane non utilizzavano la transizione serie-parallelo, non marciavano in coasting (per inerzia) e utilizzavano il comando di avviamento a pedale.

Tutte caratteristiche che mal si adattavano alle abitudini dei tranvieri romani, abituati ai controller a manovella con una posizione di avviamento, una di marcia in serie e tre di marcia in parallelo.

Nel 1982 l'ATAC acquistò da ATM Milano (dopo 8 anni di trattative!) 2 vetture della serie 5400 (la 5452 e la 5453), concettualmente identiche alle 8000, che dopo la ricostruzione delle casse (sic!) furono incluse nella flotta ATAC, numerate 8041 e 8043.

Le vetture PCC di ATM Milano facevano parte di un lotto di 3 unità acquisite nel 1958 (contemporaneamente alla sperimentazione di Roma) di costruzione Breda, con equipaggiamento all electric realizzato da CGE.

Nel 1970 furono accantonate perché risultavano antieconomiche per la particolarità della gestione della manutenzione e dei ricambi rispetto al resto del parco aziendale.

Delle 3 vetture la 5451 venne destinata a costituire la cassa centrale del primo tram serie 4800, le altre 2 (identiche alle PCC romane per meccanica ed equipaggiamento elettrico) vennero offerte per la prima volta ad ATAC Roma nel 1974, assieme ai relativi ricambi e ai carrelli completi della 5451.

Nel corso degli anni '90, con l'arrivo dei nuovi tram a piano parzialmente ribassato (SOCIMI T8000 e FIAT F. Cityway I) prima e a piano integralmente ribassato (FIAT F. Cityway II) poi, ridimensionò notevolmente il ruolo delle PCC, complice anche la loro ridotta capienza, paragonabile a quella di un autobus piuttosto che di tram multiarticolato.

Furono accantonate fra il 2001 e il 2003.




venerdì 11 luglio 2025

JUMBOTRAM 4800 A MILANO

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Tram biarticolato unidirezionale a carrelli Breda/OCIT/TIBB "Jumbotram" 1° serie (28 metri, 3 casse, 8 assi) del 1973 (gruppo di 44 unità numerate 4801-4844) sulla linea 12 in piazza Missori, nell'autunno 2010 (unità 4843) e sulla linea 15 in Corso Magenta, mentre lambisce la chiesa di Santa Maria delle Grazie, nella primavera del 1975 (unità 4616).



I tram a doppia articolazione serie 4800 (comunamente noti come Jumbotram 1° serie), in esercizio sulla rete tramviaria milanese dal 1975 al 2010, sono stati un bell'esempio di riutilizzo avvenuto agli inizi degli anni '70 (quando a Milano esistevano ancora tutte le competenze tecniche necessaire per poter ideare e realizzare simili progetti) di materiale rotabile monocassa in servizio dall'inizio degli anni '50.

Alla fine degli anni '60 del '900 sulla rete di Milano esisteva una presenza eccessiva di vetture tranviarie ad una cassa, data la soppressione di alcune linee dovuta all'espansione della rete della metropolitana.

Allo stesso tempo alcune linee di forza, a causa dell'urbanizzazione delle periferie, stavano conoscendo una crescita di traffico, che necessitava dell'introduzione di nuovi mezzi a maggiore capacità.

ATM Milano decise pertanto di allestire un prototipo di vettura articolata a 3 casse, utilizzando per le 2 casse d'estremità 2 vetture della serie 5300, opportunamente "tagliate", e per la cassa centrale la vettura 5451, collegando i 3 elementi con 2 giostre Urbinati che poggiavano sui carrelli delle ex vetture 5300.

Il prototipo (numerato 4801) venne realizzato dalle officine generali di via Teodosio e presentato nel 1971 ed in seguito smantellato.

Visti i buoni risultati ottenuti dalla sperimentazione si decise di allestire 44 unità di serie (numerate da 4801 a 4844) utilizzando per le casse d'estremità le 88 ex vetture 5200-5300 (opportunamente "tagliate" dalla carrozzeria Mauri di Desio) e per l'elemento centrale un modulo ex-novo (costruito dalle officine di Cittadella) con il montaggio dei 3 elementi (effettuato dalle officine ATM).

Analogo processo "taglia e cuci" fu poi impiegato nel 1984 quando fu realizzato il primo prototipo di tram a piano parzialmente ribassato (numerato 4500 II) dalle Officine Meccaniche della Stanga di Padova, utilizzando 2 vetture incidentate (numerate 1796 e 1973).

Per le 4800 fu adottata la livrea arancio "ministeriale" (allora prescritta) e furono subito soprannominate Jumbotram per le loro dimensioni imponenti.

A questa prima serie seguì a partire dal 1976 una seconda di 100 vetture (numerate da 4900 a 4999) realizzate ex-novo su disegno curato dagli architetti Giovanni Klaus Koenig e Roberto Segoni, che si caratterizzava per le estremità asimmetriche, così da consentire la disposizione delle porte estreme in linea, a filo delle banchine.

Fra il 1982 ed il 1984 le code furono ricostruite in forma simmetrica per evitare i problemi che si presentavano in curva quando in alcuni casi le estremità uscivano fuori sagoma.

La 4800 cominciarono ad uscire di scena con l'immissione in servizio delle vetture multiarticolate a piano completamente ribassato 7000, 7100 e 7500.

L'ultimo viaggio dell'ultima 4800 in servizio è avvenuto il 24 dicembre 2010 sulla linea 12.








venerdì 4 luglio 2025

CELERI DELL'ADDA

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Elettrotreno bloccato bidirezionale serie 800 (costituito da una motrice centrale OMS/TIBB e da 2 rimorchiate OEMF/TIBB) in marcia parallela ma su binari distinti con convoglio Breda/OM serie 100/200 della linea M1 della Metropolitana Milanese (provvisoriamente utilizzato sulla linea M2) tra Crescenzago e Cimiano, nel settembre 1970.

Analogo incrocio presso la stazione di Cascina Gobba.

Tra il 1969 e il 1971, 6 UdT (Unità di Trazione) del 3º lotto della linea M1 in composizione standard M+R+M furono trasferite provvisoriamente sulla M2, in quanto i treni ordinati per questa linea non erano ancora disponibili.

La linea venne provvisoriamente alimentata a 750 VDC con captazione attraverso catenaria (utilizzando il pantografo per il movimento nei depositi) e non da terza rotaia.

I treni della serie 100/200 (5 in servizio e 1 in riserva) rimasero in esercizio sulla M2 dal 4 ottobre 1969 all'8 novembre 1971, data in cui arrivò l'ultimo treno ordinato per la M2.

La coesistenza sul medesimo sedime di convogli tramviari bloccati e convogli metropolitani (anche se temporanea e su vie di corsa distinte) fu dovuta al naufragio di un ambizioso progetto di ATM Milano che prevedeva la realizzazione di 2 linee che avrebbero collegato il capoluogo lombardo a Bergamo e a Vimercate, sostituendo le vecchie tranvie interurbane Milano <> Vaprio e Milano <> Vimercate.


Inizialmente denominate Ferrovie dell'Adda (in seguito Linee Celeri dell'Adda) prevedevano una trasformazione in senso ferroviario delle predette tramvie (portandole a doppio binario, in sede propria, senza attraversamenti a raso, con alimentazione a 1200 VDC e scartamento 1435 mm), onde aumentarne la sicurezza, la capacità dei passeggeri trasportati e la comodità.

Nel 1968 delle 2 linee in progetto era stata realizzata solo la tratta da Milano <> Gorgonzola, che venne gestita inizialmente con gli elettrotreni bloccati bidirezionali, che erano già attivi dal 1965 sulle vecchie tratte e che offrivano 340 posti passeggero a convoglio.

Nel frattempo, avendo ATM Milano attivato la prima linea metropolitana M1 e rendendosi conto che le Celeri dell'Adda si configuravano ormai più come suburbane che come interurbane, il Comune di Milano decise di unificare il servizio metropolitano urbano con quello delle Celeri dell'Adda, procedendo quindi non più a una "ferroviarizzazione" bensì a una "metropolitanizzazione", in vista dell'apertura della seconda linea M2 della metropolitana.

Caratterizzati da una livrea giallo-crema, in previsione di dover operare in un contesto ibrido metro-ferro-tranviario, il materiale bloccato era stato predisposto con dei gradini retrattili che gli consentivano la circolazione sia con banchine alte distanziate che con banchine basse ravvicinate.

Nonostante tutti questi accorgimenti con l'arrivo del materiale rotabile M2 il servizio tramviario sulla Celeri dell'Adda fu comunque soppresso ed i nuovi convogli metropolitani furono subito immessi nell'infrastruttura extraurbana senza rottura di carico (ciò comportò alcuni lavori di adeguamento riguardanti l'elettrificazione, portata da 1200 VDC a 1500 VDC, l'armamento e il segnalamento).

In questo modo la storia delle Celeri dell'Adda si concluse ancor prima che cominciasse, visto che era stato possibile costruire un solo tratto di linea e che questo fu presto inglobato nella rete metropolitana milanese.

















domenica 29 giugno 2025

TRENI BLOCCATI A MILANO

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Elettrotreni bloccati bidirezionali OMS/TIBB e OEMF/TIBB costruiti tra il 1961 ed il 1965 da ATM Milano nelle composizioni a 3 elementi (rimorchiata semipilota+motrice+rimorchiata semipilota) ed assegnati alle serie 400 (un prototipo), 500 (12 convogli) e 800 (10 convogli).

L'esigenza di utilizzare delle composizioni bloccate bidirezionali nacque alla fine degli anni '50 del '900 quando il parco tranviario interurbano di ATM Milano era costituito da motrici e rimorchiate costruite nei decenni precedenti, e utilizzate in composizione variabili, con conseguenti sensibili perdite di tempo ai capilinea per la formazione dei convogli che necessitavano del cosiddetto "salto della motrice".

Inoltre ATM Milano decise di utilizzare il nuovo materiale in composizioni bloccate bidirezionali, anche in previsione dell'attivazione su alcune tratte preesistenti di un esercizio simile alle linee metropolitane (le Tramvie dell'Adda, vedi avanti).


​I 3 elementi del complesso provenivano da materiale rotabile datato (in particolare dalle motrici serie 500 del 1953, serie 100 del 1941 e dalle rimorchiate serie 300 del 1950-53) che veniva assemblato nelle officine aziendali di ATM Milano (assumendo una nuova numerazione).

Alle motrici bidirezionali originarie venivano sezionate le 2 cabine pilota che erano poi collocate ad uno degli estremi delle 2 rimorchiate.

Per eseguire tali attività si immagini quale perizia e quale dominio delle tecnologie elettromeccaniche fossero presenti in quelle officine in quel periodo.

Analoga operazione "taglia e cuci" fu attuata qualche anno più tardi dalle medesime officine aziendali per la costruzione di 44 complessi biarticolati serie 4800, comunemente noti come Jumbotram prima serie.

I convogli serie 500 e quelli serie 800 erano accoppiabili in comando multiplo fino a 3 complessi, con convogli che potevano raggiungere i 132 metri, trasportando oltre 1.000 passeggeri.

Uno dei primi utilizzi di queste composizioni (con la caratteristica livrea giallo-crema) fu su la tratta Milano <> Gorgonzola delle Tranvie dell'Adda (Milano <> Vaprio, con diramazione Villa Fornaci <> Cassano, e Milano <> Vimercate, con diramazione Brugherio <> Monza) che nel 1968 fu traslata su un nuovo sedime a doppio binario, scartamento ferroviario (1435 mm) piuttosto che tramviario (1445 mm), elettrificazione a 1200 VDC.

Per l'alimentazione a 1200 VDC si servivano di un pantografo posto sulla motrice centrale, mentre per quella a 600 VDC erano presenti 2 prese di corrente ad asta e rotella montate sulle rimorchiate pilota.

Il nuovo servizio fu denominato Linee Celeri dell'Adda, che nei progetti sarebbero dovute addirittura arrivare a Bergamo, mentre in realtà non andarono mai oltre Gorgonzola.

Le Tramvie dell'Adda avevano come capolinea interno quello di Milano Piazza Aspromonte; le Linee Celeri dell'Adda quello di Piazza Sire Raul.


L'esercizio durò un breve periodo (dal 1968 al 1972) perché alla fine la nuova tratta fu inglobata nella costruenda linea M2 della Metropolitana Milanese (portando l'alimentazione a 1500 VDC).

Conseguentemente alcuni dei convogli della serie 500 e 800, originariamente predisposti per l'esercizio bitensione (potendo operare sia sotto i 600 VDC della rete urbana che i 1200 VDC delle Linee Celeri) furono riconvertiti.

Alla chiusura di queste tratte tutti i convogli bloccati vennero trasferiti sulle Tramvie della Brianza (Milano <> Giussano/Carate e Milano <> Limbiate), venendo sottoposti a revisione, dotati di una nuova livrea arancione, rifacimento di interni, casse e finestrini, nuove testate dei rimorchi pilota, sostituzione degli avviatori, eliminazione dell'apparato a 1200 VDC e del comando multiplo, sostituzione delle prese di corrente ad asta e rotella con pantografi.


Le Tramvie della Brianza avevano come capolinea interno quello di Milano Via Valtellina, mentre quello esterno era Giussano/Carate (per la linea denominata 178) e Limbiate (per la linea denominata 179).

Queste 2 linee sono state le ultime ad essere dismesse, con chiusure iniziate nel 1958 e protrattesi fino 2011 per la linea 178, e dal 1999 al 2022 per la linea 179.


Nello stesso periodo nel quale ATM Milano metteva in produzione 23 treni bloccati, STEFER Roma faceva altrettanto assemblando 9 treni bloccati in composizione da 3 elementi ed altrettanti da 2.