mercoledì 27 agosto 2025

CREMAGLIERE DI OPICINA E DEL RENON

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Sia la tramvia di Opicina che del Renon, aperte al servizio rispettivamente nel 1902 e nel 1907, hanno beneficiato di soluzioni progettuali simili, che ne hanno fatto (e ne fanno) degli impianti davvero unici (perlomeno quello di Opicina).






Ambedue le tramvie furono costruite durante il dominio asburgico di Trieste ("il porto di Vienna") e del Tirolo e questo dimostra la vitalità di cui ancora godeva un impero che solo una decina di anni più tardi sarebbe crollato miseramente.

Ambedue furono progettate per soddisfare una potenziale domanda di spostamento della classe media di Trieste e di Bolzano, che, soprattutto durante il periodo estivo, desiderava raggiungere facilmente gli altopiani del Carso e del Renon rispettivamente, per sfuggire alle canicole cittadine.

Ambedue prevedevano nel progetto delle tratte estreme (quelle nel centro di Trieste e di Bolzano e quelle prima di raggiungere i centri di Opicina e di Collabo sugli altopiani) percorribili con materiale rotabile ad aderenza naturale (dei normalissimi tram).

Ambedue prevedevano anche un tratto centrale (quello che doveva superare il dislivello fra le città e gli altopiani) che, date le forti pendenze, non poteva essere percorso in aderenza naturale.

In ambedue i casi fu prevista una soluzione che permettesse di raccordare questi 3 tratti senza "rotture di carico", cioè senza la necessità di dover trasbordare da un veicolo adatto all'aderenza naturale ad uno specifico per superare forti pendenze.

In ambedue i casi la soluzione adottata fu quella di utilizzare, nei tratti centrali del percorso, quelli in forte pendenza, dei mezzi a trazione a cremagliera, che si sarebbero giustapposti ai tram provenienti da Trieste o da Bolzano per spingerli in salita, ovvero a quelli provenienti da Opicina o da Collalbo per trattenerli in discesa.

In ambedue gli impianti come veicoli "spintori" furono utilizzati dei piccoli locomotori a cremagliera sistema Strub, con medesimi scartamenti (1000 mm).

Cioè consentì anche l'interscambio del materiale rotabile fra i 2 impianti, tant'è che uno dei locomotori di Opicina fu noleggiato durante la costruzione ed i collaudi della tratta del Renon e dovrebbe essere ancora conservato in perfetto ordine di marcia presso il deposito di Collalbo.

Ma già negli anni '30 del '900, nel periodo storico in cui la velocità era diventata un mito, si cominciò a pensare alla sostituzione dei tratti a cremagliera, troppo lenti, con soluzioni più veloci.



















Già nel 1928 nell'impianto di Opicina la tratta a cremagliera fu sostituita con una funicolare attrezzata con 2 carri spintori a moto "va e vieni".

Questa soluzione è attiva tutt'oggi ed è sicuramente quella che rende la tramvia di Opicina unica al mondo.
















Nell'impianto di Bolzano, negli anni '60 del '900, si soppresse il tratto di tramvia urbana (da piazza Walther a via Renon) e la tratta a cremagliera fu sostituita con un impianto funiviario "va e vieni" 60-ATW lungo circa 5 km (recentemente aggiornato alla tecnologia 35-TGD/3S) fino alla località di Soprabolzano, da dove era possibile riprendere la tramvia per raggiungere Collalbo.

Con questa soluzione si introdussero 2 rotture di carico (cosa che non avvenne a Trieste) ma si ridussero notevolmente i tempi di percorrenza della tratta a più forte pendenza (da circa un'ora per la cremagliera a 12 minuti per la funivia).





martedì 19 agosto 2025

TATRA K5AR AL CAIRO (II)

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Nelle immagini virtuali tram articolato bidirezionale a carrelli ČKD Tatra K5AR (22 metri, 2 casse, 6 assi, 56+92 pax) del 1971 (gruppo di 200 unità numerate 3001-3200).

Derivati direttamente dai 2 prototipi K1 (caratterizzati anch'essi da fiancate con pannelli di lamiera ondulata) e dalla serie K2, i 200 rotabili K5AR differivano da questi per la bidirezionalità dei complessi, le 3 porte per ciascun lato invece di 4 ed i 2 pantografi localizzati sulle casse estreme.






A differenza dei rotabili K2, da cui erano derivati, quelli K5AR potevano essere anche accoppiati in comando multiplo, ma questa opportunità non fu mai utilizzata durante il periodo di esercizio.

Le prime 150 unità ebbero una livrea verde e crema, mentre le restanti rosso e crema.

I veicoli furono consegnati al Cairo tutti contemporaneamente.

Dallo stabilimento cecoslovacco Tatra di Smíchov furono trasportati (smontati in 2 sezioni) al porto jugoslavio di Fiume e di lì via mare raggiunsero il Cairo.

I conducenti del Cairo furono formati nel 1969 sui tram K2 a Brno, ove le motrici K2R (che non sono altro che la modernizzazione, avvenuta alla fine degli anni '90, delle motrici K2, entrate in servizio nel 1966, 5 anni prima rispetto ai K5AR), sono state in servizio perlomeno fino al 2019.

domenica 17 agosto 2025

TRAM MRS 2P.1 A ROMA

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Nelle immagini virtuali motrice monocassa bipiano unidirezionale a carrelli Carminati&Toselli/CGE MRS 2P.1 (Moto Rimorchiata Saglio) del 1936 (13 m lunghezza, 4,50 m altezza, 1 cassa, 4 assi, 100 pax), sulla linea 7 barrato (Porta Pia <> Corso Sempione).

A seguire medesima vettura ricostruita come monopiano nel 1943, rinumerata 2265, sia in livrea "verde Roma 71", che in livrea "arancio ministeriale", negli ultimi anni di esercizio.


La vettura ha fatto servizio esclusivamente sulla linea 7 barrato dal novembre 1936 al maggio 1937 (data della definitiva chiusura della rete di Monte Sacro e delle linee di via Nomentana), ossia per soli 6 mesi su un itinerario lungo poco più di 5 km.

E' stata successivamente parcheggiata nelle officine centrali, dove è rimasta inattiva fino al 1943, quando si decise di portarla allo stato di vettura monopiano.

Per la verità si è sempre trattato di una vettura monopiano e non bipiano, tant'è che veniva definita tram " a 2 ordini di posti".






Era infatti una motrice meccanicamente eguale alle MRS di 3° serie (che già dal 1933 circolavano sulla rete romana) ma che come carrozzeria si ispirava ai cosiddetti "autoalveari", che avevano un singolare modo di contenere i passeggeri in unico ambiente più alto del normale.

In questo tipo di configurazione (di derivazione tipicamente americana) i passeggeri erano disposti non solo in sedili più o meno usuali in basso (ove dovevano tenere i piedi in una specie di buca sottostante il sedile), ma anche su sedili praticamente appollaiati sulle pareti, in alto (raggiungibili mediante delle scalette opportunamente disposte).

L'esercizio si rivelò tutt'altro che semplice a causa della sua altezza (4,50 m) per cui le era vietato il transito in moltissimi punti della rete.

Nella ricostruzione del 1943 la cabina di guida risultò troppo stretta per cui verso il 1965 fu nuovamente ritirata dall'esercizio e parcheggiata per la seconda volta all'interno delle officine centrali.

Una nuova ricostruzione più razionale le consentì di tornare in esercizio nel 1977 e di terminare la propria carriera nel 1996.







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MOTRICI IMPERIALI AI CASTELLI ROMANI

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Nelle immagini virtuali motrice monocassa bipiano unidirezionale a carrelli Diatto/E.F. Böker/Thomson-Houston "Imperiale" (11,8 metri, 1 cassa, 4 assi) del 1906 (gruppo di 8 motrici + 4 rimorchi numerati 10-21) sulla Tramvia dei Castelli in prossimità di un ingresso delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, in piazza San Giovanni a Roma, presso il Bivio per Frascati, presso il bivio per Valle Oscura, nell'attraversamento di Genzano ed in prossimità del Ponte di Ariccia.


La denominazione "Imperiali", derivava dal fatto che le vetture erano dotate di posti anche sull'"imperiale", che è la copertura di un qualsiasi mezzo di trasporto pubblico.

Le vetture STFER (che gestiva la rete dei Castelli) sono stati gli unici tram a "2 piani" italiani, visto che il prototipo di ATAG, denominato 2P.1, di fatto era un tram a "2 ordini di posti".


Caratteristica peculiare delle vetture (perlomeno inizialmente) era il sistema di comando indiretto, che avrebbe permesso la formazione di lunghi treni composti da motrici e rimorchi, questi ultimi essendo dotati dei cavi di comando passanti con relativi accoppiatori di estremità.

Il comando multiplo di fatto apparve subito fonte di inconvenienti (anche gravi) e non sembra sia stato mai praticamente utilizzato.

Inoltre i rimorchi a 2 piani mal si conciliavano con l'andamento della rete molto tormentato, caratterizzato non solo da curve strette ma anche da forti pendenze.

Infine l'assenza dei motori e di altre apparecchiature nel sottocassa dei rimorchi spostava il baricentro del rotabile verso l'alto, con una pericolosa tendenza al ribaltamento quando era pieno carico sull'imperiale.

I convogli multipli erano stati pensati per soddisfare una ipotetica domanda di traffico generato da vacanzieri romani che avrebbero utilizzato questo nuovo mezzo di trasporto per le loro gite "fuori porta" nei giorni festivi.

Di fatto la domanda di mobilità si rivelò ben presto quella speculare che vedeva durante i giorni lavorativi cittadini dei Castelli che si trasferivano a Roma sia per motivi di lavoro che di studio.

Inizialmente il materiale rotabile consisteva in motrici a 2 piani a 4 motori e di rimorchi analoghi, anzi con cassa e carrelli identici a quelli delle motrici, con l’evidente fine di rendere semplice la trasformazione dei rimorchi in motrici.

Questa possibilità sarà poi effettivamente utilizzata a seguito di un grave incidente avvenuto a Frascati il 15 luglio 1906 (nei primi mesi di esercizio), dopo il quale l'utilizzo dei rimorchi ad imperiale fu vietato dalle autorità.

Dopo un breve periodo di esercizio in composizione a singola motrice i rimorchi furono ritirati dal servizio e trasformati anch'essi in motrici, cosicché già dal 1910 il gruppo era formato da 12 vetture a 2 piani tutte motrici.

Le imperiali sono state ottime vetture e si sono rivelate oltremodo longeve rimanendo in servizio almeno 3 unità fino al 1956.





venerdì 15 agosto 2025

ALL ELECTRIC PCC A ROMA

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Nelle immagini virtuali tram monocassa unidirezionale a carrelli OM/Breda "All Electric PCC" (14 metri, 4,5 metri altezza, 1 cassa, 4 assi, 100 pax) del 1957 (gruppo di 22 unità numerate 8001-8043, solo dispari) sulla linea 14, nel nodo tramviario di Porta Maggiore, nella primavera del 1983.

Il nodo di Porta Maggiore in quel periodo era caratterizzato da un singolare semaforo tramviario (inizialmente ad azionamento manuale) che regolava l'incrocio fra la rete urbana (a 600 VDC e scartamento 1445 mm) e quella delle ex ferrovie "Vicinali" (1650 VDC e scartamento 950 mm).






Le vetture furono costruite solo in 20 unità dalla OM di Milano, anche se inizialmente si prevedeva di costruirne in numero maggiore (tant'è che gli fu riservato un arco di numerazione da 1000 unità), ma la decisione fu rivista in seguito alla riduzione delle dimensioni della rete romana, iniziata con le Olimpiadi del 1960.

Le vetture furono soprannominate "All Electric" per l'assenza di impianto pneumatico, ossia privo di comandi e freni pneumatici, caratteristica che destò qualche perplessità nel personale di condotta a causa della presenza del freno elettrico, che agiva con un lieve ritardo rispetto all'azionamento della manovella.

Per la verità le vetture disponevano di un falso rubinetto che comandava il sistema di frenatura reostatica a 3 gradi di decelerazione, entrando poi in azione il freno elettromeccanico e l'azionamento dei pattini elettromagnetici.

Furono anche soprannominate "PCC", per la somiglianza con le note vetture progettate negli Stati Uniti negli anni '30 del '900 a seguito delle specifiche emesse da un comitato composto dai presidenti delle principali aziende americane di trasporto pubblico (il President's Conference Committee, da cui l'acronimo PCC).

La somiglianza era però solo parziale perché le vetture americane non utilizzavano la transizione serie-parallelo, non marciavano in coasting (per inerzia) e utilizzavano il comando di avviamento a pedale.

Tutte caratteristiche che mal si adattavano alle abitudini dei tranvieri romani, abituati ai controller a manovella con una posizione di avviamento, una di marcia in serie e tre di marcia in parallelo.

Nel 1982 l'ATAC acquistò da ATM Milano (dopo 8 anni di trattative!) 2 vetture della serie 5400 (la 5452 e la 5453), concettualmente identiche alle 8000, che dopo la ricostruzione delle casse (sic!) furono incluse nella flotta ATAC, numerate 8041 e 8043.

Le vetture PCC di ATM Milano facevano parte di un lotto di 3 unità acquisite nel 1958 (contemporaneamente alla sperimentazione di Roma) di costruzione Breda, con equipaggiamento all electric realizzato da CGE.

Nel 1970 furono accantonate perché risultavano antieconomiche per la particolarità della gestione della manutenzione e dei ricambi rispetto al resto del parco aziendale.

Delle 3 vetture la 5451 venne destinata a costituire la cassa centrale del primo tram serie 4800, le altre 2 (identiche alle PCC romane per meccanica ed equipaggiamento elettrico) vennero offerte per la prima volta ad ATAC Roma nel 1974, assieme ai relativi ricambi e ai carrelli completi della 5451.

Nel corso degli anni '90, con l'arrivo dei nuovi tram a piano parzialmente ribassato (SOCIMI T8000 e FIAT F. Cityway I) prima e a piano integralmente ribassato (FIAT F. Cityway II) poi, ridimensionò notevolmente il ruolo delle PCC, complice anche la loro ridotta capienza, paragonabile a quella di un autobus piuttosto che di tram multiarticolato.

Furono accantonate fra il 2001 e il 2003.